Vi chiederete cosa ci faccia una trattoria Pugliese a Lampedusa. È una storia fatta di accoglienza, di genuinità e di sapori autentici che ha più di 45 anni. Un racconto che sa di famiglia, di sedie di paglia intrecciata e di grigliate al chiaro di luna, che ho deciso di farmi raccontare da Vincenzo Di Palma.

Vincenzo Di Palma, chef della trattoria Pugliese

Vincenzo, presidente dell’Associazione Provinciale Cuochi e Pasticceri Agrigento “Salvatore Schifano”, è un cuoco giovane, ma già molto esperto e conosciuto a livello nazionale, tanto da ricevere riconoscimenti e premi a livello nazionale.

uno dei piatti presentati ai campionati della cucina italiana 2019

Non è un caso e lo si capisce fermandosi per cena: la cucina qui è commistione di tradizione, ricordi, profumi, sapori della terra e del mare.

«Quale è la storia di questa trattoria?»

«Tutto ha avuto avvio dalla casa dei miei nonni. Mia nonna è pugliese e la sua cucina è pura tradizione. Da questo viene il nome Trattoria Pugliese. Mio nonno invece era un lampedusano d.o.c.: pescava e al suo rientro si mangiava fuori in una tavolata sempre numerosa. Naturalmente cucinava mia nonna, tutto rigorosamente fatto in casa secondo tradizione, ma c’era anche una grande griglia all’esterno dove si arrostiva il pescato. Chi passava per la strada pensava fosse un ristorante e, invitato dai profumi della cucina, si fermava e diventava un altro ospite a cena. A mo’ di “aggiungi un posto in tavola” è nata la trattoria: con pochi tavoli prima, con vere e proprie sale poi.»

sala esterna
sala interna

Questi valori trasmessi dai nonni, di accoglienza, genuinità e onestà parlano più delle parole per Vincenzo.

È Vincenzo a raccontarci del sapore che mantiene più vivo nella memoria sensoriale ed emotiva:

«La zuppa di pesce, ricordo di mio nonno che è quel pescatore di cui è piena di foto la sala».

Proprio in sala quel pescatore miracoloso racconta di grandi pescate che hanno qualcosa di sacro e profano insieme.

sala interna con appese alcune foto del nonno di Vincenzo

Le basi tradizionali sono il segreto dei piatti secondo Vincenzo:

«Quando arrivo, la prima ad essere preparata è sempre la salsa: tutto parte da basi solide, altrimenti si fanno castelli in aria. Il gusto lo dà la cipolla stufata, il pomodoro cotto per ore a fuoco lento. Alla base dei piatti c’è sempre la tradizione che deve essere padroneggiata con maestria e poi, in un secondo momento, si possono aggiungere commistioni innovative o lavorazioni particolari.»

«Si deve tenere sempre presente nella mente il ricordo dei profumi e dei sapori dei prodotti della terra e del mare. Si devono rispettare le materie prime. I prodotti del mercato entrano in relazione con la stagionalità, con il pescato del giorno, che alimentano assieme il menù che si va a costruire. Uno chef deve sapere come è il profumo della terra, della melanzana, della cipolla, del pomodoro, del pesce appena pescato, del pane. Anche se creerà abbinamenti innovativi, lavorazioni particolari non deve perder di vista, prima di tutto, le basi solide della tradizione.»

angolo dei vasetti e delle conserve di ogni genere

«Quale ritieni sia il piatto tipico lampedusano?»

 «Ci si potrebbe interrogare all’infinito su quale sia il piatto tipico di Lampedusa. Si potrebbe dire in prima battuta il cous cous, ma si tratta invece di un piatto tipico della Tunisia, importato come tante altre specialità su quest’isola, che è da sempre stata invasa dai sapori di svariate culture del Mediterraneo. Anche il condimento detto “alla lampedusana” potrebbe ritenersi tipico. Anche i gamberi e zucchine fa sempre parte della cultura marinara che si concilia con i sapori della terra. Prodotti come il cappero, il cucuncio, il finocchietto, il timo selvatico, l’aglio selvatico, sono parte della nostra terra e quindi della nostra cucina. Si potrebbe parlare dei calamari o delle seppie ripiene. O anche di un semplice pezzo di pane caliato al finocchietto».

«Dal punto di vista gastronomico che differenze hai trovato tra i gusti dei lampedusani e degli stranieri? Hai qualche aneddoto da raccontare?»

«Sono piacevoli i momenti di convivialità che si costruiscono dentro queste mura, come anche i complimenti ricevuti da lampedusani e non. Per i clienti che ci scelgono la genuinità della materia prima e la lavorazione tradizionale è di vitale importanza. A volte viene messa in discussione, ma io con il sorriso, sono pronto a far uscire dalla cucina la testimonianza del lavoro onesto che portiamo avanti tutti i giorni.»

La tradizione culinaria di quest’isola è descritta come un’invasione di sapori che hanno colonizzato i palati di questi isolani e di coloro che qui si stabilivano, ma soprattutto che hanno deliziato e ispirato anche ospiti stranieri di passaggio provenienti prima dal bacino del Meditterraneo ed ora da tutto il mondo. Per Vincenzo è fondamentale far conoscere la vastità delle tradizioni e la qualità di un lavoro portato avanti onestamente ispirandosi alla cultura marinaresca e contadina. Anche solo in un piatto semplice come le seppie, piselli e patate.

Senza nulla togliere al turista mordi e fuggi, in questa trattoria ci si siede, si chiacchiera, si assapora e la cortesia e l’accoglienza di questo ambiente diventano prima di tutto familiarità e attenzione al cliente.

Dolce evidentemente dedicato a Lampedusa

Vincenzo ha fatto la scelta di restare a Lampedusa, dove vede il suo futuro professionale ed io vi invito a fargli visita per non perdervi l’occasione di assaporare piatti d’autore in un contesto di calore familiare sempre piacevole.

Share this: